E’ stata presentata lo scorso giugno a Milano l’edizione 2015 dell’Osservatorio sul Risk Management nelle imprese italiane, presso il Politecnico in collaborazione con ANRA e Confapi Industria. Tra i risultati emersi, una crescita significativa delle imprese (dal 49,5% del totale nel 2013 all’81,9% del 2015) che vedono il rischio come un vantaggio e intraprendono azioni di risk management.
Cresce la consapevolezza e la cultura nella gestione dei rischi nel nostro Paese. Al punto che le azioni di risk management sono un fattore critico di successo e possono rappresentare un vantaggio nello scacchiere competitivo per quasi l’82% delle imprese italiane (era il 49,5% delle aziende nel 2013). E sono soprattutto le Medie imprese a fare un balzo in avanti nell’adozione di tecniche di gestione dei rischi, passando dal 50% della rilevazione precedente all’85% dell’analisi attuale, superando di misura anche le grandi imprese (82%).
È questo il risultato più eclatante dell’edizione 2015 dell’Osservatorio sul Risk Management nelle imprese italiane, realizzato da RiskGovernance in collaborazione con ANRA e Confapi Industria e le cui salienze sono state presentate durante un convegno svoltosi presso il Politecnico di Milano dal titolo “Il risk management come leva competitiva per le imprese”.
Assumono finalmente un ruolo importante nella gestione delle organizzazioni anche le attività di monitoraggio attivo e costante nel tempo, insieme alle attività di formazione e divulgazione. In tal senso, è fondamentale portare il tema del rischio in modo sempre più diffuso all’interno delle aziende, dai tavoli del Board ai manager di linea”.
ORGANIZZAZIONE E PROCESSO DI GESTIONE DEI RISCHI
Chi gestisce i rischi nelle imprese italiane?
Quasi la metà delle grandi aziende hanno una figura interna dedicata a tempo pieno alla gestione del rischio (47% dei casi), mentre lo stesso accade solo nel 6% dei casi per le piccole imprese e nel 29% delle medie.
Nell’altra metà delle grandi aziende (53%) il rischio viene gestito da una figura interna che ricopre anche altri ruoli, scelta che risulta preponderante per le piccole (80%) e medie (64%) imprese.
Nei casi restanti, le piccole (14%) e medie (7%) imprese si affidano ad una figura esterna all’azienda, soluzione mai adottata dalle imprese di dimensione maggiore.
“Analizzando questa edizione dell’Osservatorio – commenta Alessandro De Felice, Presidente di ANRA – si rileva come la figura del risk manager stia assumendo un ruolo cruciale nel mondo delle imprese, indipendentemente dalla loro dimensione. Come è logico, nelle grandi aziende in poco meno della metà dei casi analizzati nel campione, troviamo una funzione interna dedicata a tempo pieno, ma colpisce che anche nell’80% delle piccole imprese vi sia una figura interna che si occupa anche di risk management, oltre a ricoprire altri ruoli. Questo vuol dire che sta aumentando in modo costante e virtuoso la consapevolezza che bisogna presidiare anche quest’area, affinando anche internamente competenze puntuali. Il rischio, infatti, è un evento reale, con cui confrontarsi in qualsiasi azione umana o imprenditoriale e, quindi, deve essere gestito come tale, considerando anche la componente di opportunità che è insita in esso”.
Relativamente al processo di gestione dei rischi, per la fase di identificazione, a differenza degli anni precedenti, nel 2014 si è fatto ricorso maggiormente all’analisi dei processi (69% nel 2014 contro il 38% nel 2013) rispetto al metodo delle esperienze passate (diminuito dal 63% al 62% nell’ultimo anno). Tale inversione di tendenza può essere dovuta alla consapevolezza, in un periodo storico caratterizzato da elevata incertezza e volatilità, che i dati passati non sono sempre idonei per prevedere scenari futuri; ciò è ancor più vero se si pensa ai nuovi rischi per i quali i dati storici non sono neppure disponibili.
L’analisi dei processi consente, invece, di ragionare su cosa potrebbe accadere in futuro dato il modo di funzionare dell’impresa, senza guardare al passato.
Solo le piccole imprese si affidano ancora più ai dati storici che all’analisi dei processi, probabilmente a causa di minori competenze oppure di una ridotta consapevolezza sui limiti dei metodi tradizionali.
Le grandi imprese sono quelle che affiancano a questi due metodi principali anche altre tecniche, tra cui si annoverano le ispezioni, le checklist e le interviste o focus group.
La successiva fase di valutazione dei rischi si ci concentra maggiormente sulla stima degli impatti economico- finanziari. Per definirli e per calcolare la probabilità di accadimento di un evento dannoso si effettuano nel 60% dei casi valutazione sia quantitative che qualitative precisamente nel 60% dei casi.
LA CULTURA DEL RISCHIO: COMUNICAZIONE E FORMAZIONE
Per competere ed avere successo sui mercati è fondamentale interpretare il rischio come opportunità da gestire attivamente, afferma Stefano Valvason, direttore generale Confapi Industria.
L’indagine evidenzia che la comunicazione sul rischio, “diffusa e semplice”, all’interno dell’impresa è utilizzata per il 70% all’interno delle medie imprese. Formare alla consapevolezza, per una crescente cultura e maturità del rischio delle imprese italiane, significa adottare modalità appropriate di comunicazione applicate al contesto (ambiente e persone).
La comunicazione interna, insieme alle iniziative seminariali e di formazione rivolte ai dipendenti, possono apportare un prezioso contributo alla diffusione di una buona cultura del rischio e pongono le basi all’introduzione, laddove non già presente, di approcci avanzati e integrati alla gestione dei rischi, quali l’Enterprise Risk Management, che consentirebbe di proseguire in questo graduale miglioramento della maturità delle aziende italiane in termini di risk management .